Il dodicesimo anello: vecchiaia e morte

«Condizionati dalla nascita sorgono l’invecchiamento e la morte. Che cos’è l’invecchiamento? Calvizie, capelli grigi, fitte rughe, decrepitezza, l’incurvarsi, il coprirsi di macchie scure, l’essere affannati, l’essere piegati in avanti, l’appoggiarsi a un bastone, l’avere disturbi mentali, essere lenti mentalmente, calo, diminuzione e decadenza degli organi di senso: ecco cos’è l’invecchiamento. Che cos’è la morte? La morte di questo o di quell’essere in questo o quel gruppo di esseri, la sua scomparsa, il suo disfarsi, il venire meno alla vita, la disgregazione degli aggregati, la morte»

I temi di cui tratta questo anello, vecchiaia e morte, sono senz'altro molto vicini a tutti, anche se tentiamo in ogni modo di esorcizzarli e quasi negarli, ma ognuno di coloro che ci ha preceduto ha inevitabilmente lasciato il corpo.
Nella nostra società parliamo di vita, morte, invecchiamento, e quando pronunciamo queste parole è come se le ipostatizzassimo, come se attribuissimo loro un'esistenza sostanziale e indipendente. La nostra mente, non disciplinata e non presente a sé stessa, percepisce infatti la realtà come un insieme di eventi separati tra di loro e con una propria esistenza.
In relazione a questo il Buddha insegna: «Condizionati dalla nascita sorgono l'invecchiamento e la morte». Dunque la nascita è la causa diretta di vecchiaia e morte. Non si tratta di un meccanicismo. Abbiamo già visto, con la disamina degli anelli precedenti, che un anello rappresenta un effetto, ma ha sempre una relazione con una causa. Tutto ciò che noi sperimentiamo è l'effetto di un’azione che abbiamo posto precedentemente e che è nel nostro continuum mentale. Noi siamo artefici della nostra felicità o della nostra sofferenza, scegliendo di mettere relazioni, negative o positive, tra causa ed effetto in modo consapevole o meno.
Quando la nostra mente identifica (dando un nome), cioè designa una causa, dovremmo comprendere che questa esiste in quanto esiste l'effetto: non esiste una causa indipendente dall'effetto e, analogamente, non esiste un effetto indipendente dalla causa. Se per esempio voglio piantare un chiodo nel muro, utilizzando il martello che ho in mano, e se dò un colpo prima di concentrarmi su ciò che sto facendo, facilmente mi darò una martellata sul dito. In questo modo ho posto una determinata causa (non posizionando correttamente la mia mente) e ho avuto il suo effetto correlato. Tutto il mondo che ci circonda è il prodotto di concetti, non solo relativi all'etichetta (cioè al nome) che diamo a ogni fenomeno, ma anche all'interpretazione che ognuno di noi dà alla stessa etichetta. Ciò non significa che i fenomeni non esistano, ma non esistono nel modo in cui li imputiamo e percepiamo.
Anche vecchiaia e morte non sfuggono a questa evidenza. Nel «Sutra dei dodici anelli» il Buddha descrive l'invecchiamento come calvizie, capelli grigi, fitte rughe, l'incurvarsi, l'essere affannati (che è un aspetto relativo alla mente), l'essere piegati in avanti, l'appoggiarsi a un bastone, l'avere disturbi mentali e altro… sembrerebbe una situazione senza via di scampo! Queste condizioni in realtà potrebbero manifestarsi anche da giovani, si tratta quindi di un'etichetta! Il nostro corpo è in continuo cambiamento, produce un costante rinnovamento cellulare e le cellule che lo componevano qualche anno fa sono totalmente diverse da quelle che lo compongono oggi; la stessa cosa avviene per i pensieri, le emozioni e le sensazioni. Siamo vuoti di natura inerente, ci trasformiamo senza sosta e possiamo trasformare la nostra mente portandola a essere più pacifica e serena. Nasciamo e moriamo in ogni istante, in un momento siamo sopraffatti dagli eventi e poi andiamo a dormire, risvegliandoci con una visione diversa.
I termini utilizzati dal Buddha per dare una visione della vecchiaia sono per coloro che la percepiscono in questo modo, poiché condizionati dall'attaccamento ai piaceri sensoriali.
Allo stesso modo se la nostra mente percepisce la morte con sofferenza, così sarà. L'invecchiamento è qualcosa di vuoto, trasformabile e così la morte. Per questo, nel buddhismo, quando un praticante ha ricevuto e realizzato gli insegnamenti sulla morte, si dice che abbia sconfitto la morte!
La nostra società è moderna sotto molti aspetti, è tecnologica e sempre in movimento; conserva, però, il pensiero della morte come il più grande dei «tabù», portandosi dietro e dentro, una vasta gamma di timori. Lama Dino Cian Ciub Ghialtzen ha raccolto gli insegnamenti del Buddha in un libro adatto a chi vuole provare a sconfiggere queste grandi paure già durante questa esistenza : «Preparazione mentale alla morte, per un'esistenza senza paure».


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