Il nono anello: l'attaccamento

«Condizionato dalla brama sorge l’attaccamento. Che cos’è l’attaccamento? Vi sono quattro tipi di attaccamento, vale a dire l’attaccamento ai piaceri sensuali, l’attaccamento alle false dottrine, l’attaccamento a voti e costumi religiosi, l’attaccamento all’esistenza di un Io»

Quando parliamo di attaccamento parliamo di una propensione mentale, una pulsione che spinge la mente verso qualcosa o qualcuno. Il nono anello è il figlio diretto  dell’ottavo, la brama, in quanto deriva dal precedente ed è anche un suo rafforzativo: attaccarsi a qualcosa, a qualcuno, a una situazione, a una condizione è qualcosa che si radica nella mente, insediandosi in quella che definiamo forma mentis.
Sradicarsi da lì, è molto difficile.
L’attaccamento in tibetano è detto len.pa, che significa afferrare, prendere con forza, tenere a sé. L’attaccamento in quanto tale non si concretizza in un oggetto fisico ed è proprio in questo che consiste la grande differenza con il desiderio o brama. L’attaccamento è una pulsione mentale, mentre il desiderio invece è sì mosso dalla mente, ma si concretizza sempre in un oggetto specifico. L’attaccamento è un’appropriazione, nel senso che la mente percepisce la relazione con il soggetto e con un oggetto come se fosse proprio.
Nell’ottavo anello abbiamo parlato di rapporto Maestro - discepolo e di come, anche in ambito spirituale, il desiderio possa interferire tra l’insegnamento e la mente del praticante. Nel momento in cui il discepolo infatti brama di ricevere gli insegnamenti, di stare con il proprio Maestro e di realizzare le cose che dice, deve fare molta attenzione a non ricadere nella pulsione mentale dell’attaccamento, volendo trattenere soltanto per se stesso quanto ha ricevuto.
I tre anelli consequenziali: l’ottavo (il desiderio), il nono (l’attaccamento) e il decimo (il divenire) sono ancora più concatenati di quelli precedenti perché costituiscono un processo in divenire e formano la base per le future rinascite.
Le rinascite che fanno parte del samsara, tra le quali quella umana, sono completamente basate sul desiderio e sull’attaccamento.
In effetti desideriamo sempre qualcosa o qualcuno: fa caldo e desideriamo un bicchiere d’acqua, il capo ci chiede una maggiore produttività e desideriamo più libertà, litighiamo con il fidanzato e desideriamo fare pace… ma ancor più subdolo è l’attaccamento. Mentre il desiderio ha sia una faccia negativa che una positiva, l’attaccamento è sempre qualcosa di mentalmente «pesante». Nella società odierna è possibile sperimentare continuamente questa pulsione su persone e su molti aspetti della nostra vita: la nostra squadra del cuore, la persona di cui siamo innamorati e che sta al nostro fianco, il denaro… E spesso, purtroppo, queste forme di attaccamento diventano talmente forti da generare un’enorme sofferenza oltre che a noi stessi, anche a chi ci sta intorno, per via di azioni che possono sfociare anche nella violenza.
Il Buddha delinea quattro tipi di attaccamento: il primo di questi è l’attaccamento ai piaceri sensoriali. Nel quinto anello abbiamo parlato delle sei basi sensoriali e di come si produce una coscienza sensoriale: questo tipo di attaccamento è quindi provocato dal contatto della base interna con la relativa base esterna e dal potenziamento che collega le due basi. Il Buddha dice: «Condizionato dalle sei basi sensoriali nasce il contatto, condizionata dal contatto nasce la sensazione, condizionata dalla sensazione nasce la brama e condizionato dalla brama nasce l’attaccamento», come ciclo di interdipendenza senza fine la cui comprensione ci può aiutare a sviluppare maggiore consapevolezza su ciò che siamo e sul modo in cui interagiamo con l’ambiente circostante.
Il secondo tipo di attaccamento è quello alle false dottrine. Il Buddha non definisce cosa sono le false dottrine nei vari ambiti sociale, politico, religioso… ma indica che sono quelle che allontanano la mente dall’«Ottuplice Sentiero», il quale è composto da: retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di sostentamento, retto sforzo, retta presenza mentale, retta concentrazione; sono insegnamenti che il Buddha spiegherà e riprenderà ancora in molti altri importanti Sutra.
Nelle false dottrine sono inoltre contemplate anche le visioni opposte alle «Quattro nobili verità».
Vi è poi l’attaccamento ai voti e costumi religiosi, una forma di attaccamento rivolta a chi segue con dedizione il percorso spirituale: è necessario non trattenere per sé ciò che si è imparato, sviluppando una mente altruistica.
L’ultima tipologia è l’attaccamento all’esistenza di un io: il nostro ego, qui, gioca un ruolo fondamentale in quanto tutti gli esseri nutrono e sostengono il proprio «io», i propri punti di vista.
Questo quarto punto è ben spiegato all’interno di uno dei Sutra più importanti di tutto il buddhismo, il «Il Sutra del Cuore della Saggezza» o «Prajnaparamita».

Possiamo trovare il riferimento a tutti i «Dodici anelli della coproduzione condizionata» nel libro di Lama Dino «Preparazione mentale alla morte per un’esistenza senza paure » a pag. 38.


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