Il Vesak è la più importante ricorrenza buddhista, in cui si celebrano la nascita, l'Illuminazione e il Parinirvāņa di Buddha Śākyamuni. Ma qual è il senso autentico di questo evento che ricorda qualcosa di molto lontano dal nostro tempo e dalla nostra cultura? Per comprenderlo vale la pena ripercorrere, anche se velocemente, la vita del Principe Siddharta.

«Ammutolirono uccelli e bestie, i fiumi fluirono con placide acque; rifulsero i punti cardinali, splendette sereno il cielo e i tamburi degli dei rimbombarono nell'etere. Quando nacque il maestro della Liberazione degli esseri viventi, il mondo divenne oltremodo pacifico come se, essendo in uno stato di disordine, avesse trovato un sovrano»
(Aśvaghoşa - Le gesta del Buddha)

Fin dalla nascita, che avvenne in modo «miracoloso» all'incirca nel 563 a.C. nel parco di Lumbini (al Sud del Nepal, vicino al confine indiano), Gautama Siddharta, aveva manifestato qualità particolari rispetto a un essere ordinario e i segni di buon auspicio che accompagnarono sia il suo concepimento che la sua venuta al mondo furono tanti. I suoi genitori erano il Re degli Śākia, Śuddhodana e la Regina Mahāmāya: nacque quindi in un ambiente socialmente elevato e prospero, con la possibilità di diventare a sua volta sovrano degli Śākia.

Il grande veggente e saggio del tempo Asita, comprese, in forza della propria realizzazione spirituale, i segni che si erano manifestati: il neonato Principe Siddharta sarebbe stato Colui che avrebbe liberato gli esseri dal ciclo delle rinascite.
Per amore di tale conoscenza, Asita si recò presso il Re degli Śākia, predicendogli:

«Così, a coloro che sono sulla pista del deserto della trasmigrazione delle anime, tormentati dal dolore e impediti dagli oggetti dei sensi, egli mostrerà la via della Liberazione come a viaggiatori che hanno smarrito il cammino». E ancora: «Raggiunta l'Illuminazione, quel sovrano della Legge, libererà il mondo avvinto dai suoi stessi ceppi di illusione, sconfitto dalla sofferenza e privo di patrocinio».

Il Re Śuddhodana amava molto quel figlio così speciale e, sapendo che sarebbe stato l'ottimo successore della propria dinastia, dispose al meglio la vita a corte per farlo crescere circondato da bellezza e piaceri di ogni sorta, di modo che sorgesse in lui l'attaccamento alla felicità mondana.
Nonostante tutte le precauzioni del Re per tenerlo lontano dalle sofferenze della vita, Siddharta, durante alcune uscite dal Palazzo Reale, vide cosa erano vecchiaia, malattia e morte e ne fu sconvolto. Comprese l'impermanenza dell'esistenza e abbandonò i suoi cari e la vita «dorata» del Palazzo Reale, per andare alla ricerca della Liberazione.

Nel suo percorso divenne discepolo del saggio Arāda e poi del Maestro Udraka, realizzò le loro Pratiche più elevate e poi li lasciò, poiché i loro insegnamenti non portavano alla completa liberazione dalla sofferenza e, tanto meno, allo stato di completa e profonda saggezza chiamato Illuminazione. Si ritirò nella foresta a meditare e a digiunare insieme ad altri cinque asceti. Passarono alcuni anni durante i quali Egli si sottopose a grandi privazioni, pensando che una purificazione totale lo avrebbe condotto all'Illuminazione. Mentre il suo corpo diventava molto debole, l'ottenimento desiderato non arrivava. Siddharta capì allora che seguendo questa via avrebbe invece potuto morire.

«Come può l'inquieto, che è spossato da fame, sete e mortificazioni e la cui mente non si regge per lo sforzo, raggiungere quel risultato che la mente deve raggiungere?».

Decise così di ricominciare a nutrirsi, comprendendo che gli estremi non erano il mezzo per eliminare la sofferenza e che perciò era bene praticare una via di mezzo. I cinque monaci che praticavano con lui non capirono le sue acquisizioni e, pensando erroneamente che Siddharta avesse rinunciato alla Sua ricerca, lo abbandonarono.

«Egli assunse allora la somma, incrollabile postura a gambe incrociate [...] e disse: "Io non mi scioglierò da questa posizione in terra fin quando non sarò giunto a compiere ciò che devo compiere”».

Con un’irremovibile motivazione, Siddharta si mise a meditare seduto sotto l'albero della Bodhi a Bodhgaya, deciso a restarvi finché non avesse realizzato l'Illuminazione.

Il Signore dell'attività delle Passioni, Māra, temendo per l'esistenza del suo Regno, si apprestò a recargli offesa insieme ai suoi tre figli Turbamento, Estro e Orgoglio e alle sue tre figlie Insoddisfazione, Voluttà e Bramosia. Poiché il nobile Siddharta restava imperturbato, Māra gli lanciò contro schiere di demoni, ma anche questo non servì a farlo desistere dal suo intento. Sconfitta la potenza di Māra, Egli riprese la meditazione.

Nella prima vigilia ricordò le sue vite precedenti, con le migliaia di nascite e morti che aveva vissuto; questo fece maturare in Lui una grande compassione per tutti gli esseri. Con la seconda vigilia ottenne la somma onniveggenza, che gli permise di vedere le innumerevoli vite di tutti gli esseri, aumentando la compassione che provava per essi. Nella terza vigilia meditò sulla vera natura del mondo: 

«Dall'esistenza proviene la nascita, e sapeva che dalla nascita sorgono vecchiaia e morte: aveva rettamente inteso che il mondo è prodotto dalle condizioni causali». 

Comprendendo che la legge di causa ed effetto guidava il ciclo delle rinascite degli esseri, realizzò anche che lo strumento necessario per la soppressione di tanta sofferenza era quello di dover arrivare a dissipare totalmente ogni forma di ignoranza. Giunse così alla pace interiore. Nel momento della quarta vigilia il Nobile Siddharta raggiunse l'onniscienza, divenendo l'Illuminato.

«Come in paradiso, caddero allora dal cielo fiori di māndārava, loti e ninfee d'oro e di crisoberillo, che cosparsero il sito del saggio degli Śākya. In quel momento nessuno diede sfogo all'ira, nessuno s'ammalò o provò alcun malessere, nessuno fece ricorso al peccato o si compiacque dell'ebbrezza della mente: il mondo divenne tranquillo come se avesse raggiunto la perfezione».

Il Nobile Siddharta, divenuto Buddha Śākiamuni cominciò a diffondere ciò che aveva realizzato per permettere a tutti gli esseri di arrivare al suo stesso stato e continuò gli insegnamenti per molto tempo. Arrivato alla soglia degli 80 anni, mentre si trovava a Kushinagar, il Buddha si rese conto che avrebbe lasciato il corpo di lì a pochi giorni. Diede disposizione al suo discepolo Ananda di preparargli un letto secondo precise istruzioni e chiese di informare della sua prossima dipartita gli abitanti del villaggio in cui si trovava, affinché potessero salutarlo.

Incontrò i suoi discepoli per chiedere loro se avessero dubbi sugli insegnamenti o sulle pratiche da lui trasmessi. Costoro restarono in silenzio. Era la luna piena del mese di Vaisakha (aprile-maggio) e il Buddha si mise in meditazione entrando nel Mahaparinirvāņa. Come essere Illuminato aveva già sconfitto la morte, ma aveva dovuto lasciare il corpo come si lascia un abito ormai logoro. Il suo corpo rimase immobile per sei giorni; il settimo giorno fu cremato.

Tutta la vita di questo grande Essere è un insegnamento, non solo per chi già pratica il Dharma, ma per chiunque desideri trovare risposte alle domande più profonde che l'esistenza stessa ci pone. I Maestri aiutano e indirizzano il discepolo avendo già fatto l'esperienza di un percorso (questo è fondamentale), ma il Buddha insegna che tutto è già al nostro interno: ognuno deve trovare dentro di sé le qualità per liberarsi da ciò che non gli è utile o lo danneggia e concentrarsi su ciò che porta pace, saggezza, felicità.

Il senso profondo del Vesak è proprio quello di ricordarci che ognuno può diventare un Illuminato, cioè un essere libero dalla sofferenza del ciclo delle rinascite poiché ha realizzato la vera natura della propria mente. Il Buddha ha mostrato che la saggezza e la forza per fare il primo passo verso la Liberazione, quello più importante, sono già disponibili in ognuno di noi, proprio adesso.

“Le Gesta del Buddha", Aśvagoşa.

Se vuoi saperne di più segui l'insegnamento di Lama Dino Cian Ciub Ghialtzen: "La vita e l'Illuminazione del Buddha. Il percorso ascetico di Siddharta che precede l'Illuminazione."


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